“Dovrebbe andare da uno bravo!”. Se non l’abbiamo detto, l’abbiamo sentito dire almeno una volta. Sempre al maschile, sempre in senso negativo. Da qualche tempo, però, sembra che la paura di parlare di psicologia e di cominciare percorsi di terapia stia pian piano diminuendo, per lasciare il posto a un, ormai diffuso, “Tutti avremmo bisogno di andare dallo psicologo”. Maschile anche questa volta.
Noi siamo tre e siamo tutte donne. Una di noi va da una psicologa, donna anche lei. Ma non è la psicologa con cui abbiamo parlato prima di scrivere questa intervista, né la psicologa con cui abbiamo fatto un viaggio di 1400 km in tre giorni, né la psicologa con cui andiamo a prendere un caffè quando ci va di chiacchierare, sperando di non essere giudicate per le nostre “latenti patologie”. (Si scherza, non sono affatto latenti).
La psicologa con cui abbiamo fatto tutte queste cose è una, ed è una brava. Si chiama Giorgia, ha 28 anni e non fa la psicologa, lo è. Ha risolto tutti i nostri dubbi? No, ma ci ha raccontato la sua esperienza nel mondo della psicologia, il suo lavoro e la sua opinione sulla psicoterapia online. Non sappiamo se, da questa conversazione, ne siamo uscite migliori, né più consapevoli. Ma sappiamo di esserne uscite e, da una seduta di terapia, crediamo sia già abbastanza.
Quando hai deciso che saresti diventata una psicologa?
All’ultimo anno di liceo. Non c'è stato un evento particolare, ero incuriosita da come funzioniamo come esseri umani. Ricordo che le persone intorno a me mi riconoscevano la predisposizione all'ascolto e questo mi ha spinto a studiare psicologia. Avevo delle amiche che già frequentavano la facoltà, quindi ho iniziato a informarmi. Ero indecisa tra Scienze della Formazione Primaria e Psicologia, poi guardando il programma, mi sono innamorata della facoltà e l'ho scelta.
Dove hai studiato?
Mi sono laureata a Padova, in triennale e magistrale. Avevo sentito che l’Ateneo padovano era uno dei più rinomati. La scelta di andare fuori è stata piuttosto complessa: ero indecisa se rimanere a Lecce oppure andare via. Sarebbe stata la prima volta in cui mi sarei allontanata veramente da casa. Era un cambiamento importante, ma penso anche molto positivo. Alla fine, ho fatto le valigie e sono partita.
Com’è andata?
Padova la sceglierei ancora, per l'organizzazione universitaria, per l'umanità che ho incontrato, i professori e i colleghi. L'esperienza da fuori sede è stata molto significativa: mi ha permesso di incontrare tante persone, anche appartenenti a culture e nazionalità diverse. Padova la porto nel cuore.
Ci racconti brevemente le tue esperienze?
In triennale, ho studiato prevalentemente come “funzionano” i bambini e gli adolescenti, mentre in magistrale ho approfondito tutto l'arco della vita. Poi, dopo la laurea magistrale, ho svolto un anno di tirocinio a Pavia e ho sostenuto l'esame di stato per l’abilitazione. Il laboratorio di Pavia dove ho lavorato si occupa di psicologia dell'attaccamento e sostegno alla genitorialità, sia da un punto di vista della ricerca, sia dell’intervento clinico.
Cos’hai approfondito durante il tirocinio?
Quell'anno è stato piuttosto particolare: c'era ancora la pandemia. Inizialmente ho frequentato online e poi mi sono trasferita in città, dove sono rimasta un anno e mezzo. Ho lavorato come borsista di ricerca e mi sono formata nell'ambito della genitorialità e degli interventi legati, ad esempio, al sostegno di genitori di preadolescenti, adolescenti oppure di bambini dai 12 mesi ai 6 anni.
Oggi, di cosa ti occupi?
La mia passione sono le dinamiche relazionali. La continuo a coltivare, frequentando la Scuola di specializzazione Sistemico relazionale a Bari, presso l'Accademia di Psicoterapia della famiglia. Mi sto ancora formando, sono al terzo anno di Psicoterapia sistemica.
Dopo gli anni in Veneto e Lombardia, sei tornata in provincia di Lecce, nel paese dove sei nata. Come mai?
Non c’è una risposta univoca. Una delle spiegazioni che mi sono data, oltre ai vincoli affettivi, era la volontà di portare quello che avevo imparato altrove nella mia terra e iniziare a costruire qualcosa. Ma è stata una scelta piuttosto sofferta, ero molto indecisa... Oggi non me ne pento! Allo stesso tempo, sono aperta a fare esperienze anche altrove.
Come funziona la tua “attività da psicologa”?
Prevalentemente sono libera professionista: mi occupo di psicologia scolastica. Lavoro nel privato con dei pazienti e in un centro educativo per minori con difficoltà emotive, relazionali o intellettive. Sono tanti i minori che devono rivolgersi ad un assistente sociale, prima per una presa in carico e poi per predisporre insieme un progetto idoneo. Io mi occupo del percorso di ascolto e sostegno ed effettuo interventi domiciliari. Il mio studio, a Lequile, è presso l’Associazione Destina ETS: un progetto nato per sostenere e supportare la genitorialità, in linea con la mia formazione e i miei interessi. Collaboro anche con le Università, di Genova e di Padova in particolare, e con enti di formazione.
Quale credi sia la missione della psicologia oggi?
Questa è una bella domanda. Tutti i dati della letteratura scientifica affermano che, come popolazione, “non stiamo bene”: le statistiche sulla salute mentale sono molto preoccupanti. Sicuramente, si investe di più sugli interventi psicologici rispetto al passato. Ma la psicologia potrebbe servire molto di più, se si ragiona in un'ottica di prevenzione.
Cosa intendi?
Oggi solo il 5% dei fondi pubblici viene investito sulla prevenzione e tutto il resto sulla cura. Ci dimentichiamo che investire sulla prevenzione permette di investire sul futuro. Se si continuerà a intervenire solo sulla punta dell'iceberg, senza sradicare o lavorare sulle dinamiche che sono sotto il livello dell'acqua, ci ritroveremo “con l'acqua alla gola”, per mantenere la metafora. Secondo me, la psicologia dovrebbe servire a questo: a fare prevenzione, aiutare e migliorare il benessere delle persone. Come si migliora il benessere delle persone se non facendo prevenzione? Formare, creare e contribuire a sviluppare una cultura della prevenzione, penso che sarebbe veramente un grande passo per investire sul futuro.
Cosa pensi della diffusione della psicoterapia online?
Gli interventi online esistevano già prima dell’emergenza Covid; semplicemente durante e dopo la pandemia l’impiego della modalità di psicoterapia online ha avuto un forte incremento.
Cosa cambia rispetto agli incontri fisici?
Indubbiamente, fra il medico e il paziente si frappone una barriera: lo schermo. Questo potrebbe creare maggiore distanza. Inoltre, durante gli incontri online, potendo vedere solo il busto e il volto delle persone, noi clinici perdiamo alcuni dettagli della comunicazione non verbale, fondamentali per la comprensione della persona. Allo stesso tempo, la modalità online permette di focalizzarsi maggiormente sullo sguardo e sul volto, dando la possibilità di "entrare" nella casa del paziente.
Quali motivi spingono alcuni pazienti a preferire la modalità telematica?
Possono esserci diversi fattori. Se il paziente vive all’estero, la modalità online è l’unica possibile. Un altro motivo potrebbe essere un lavoro che costringe a muoversi spesso. Altri fattori possono riguardare aspetti relazionali ed emotivi: alcune persone potrebbero avere difficoltà a presentarsi fisicamente nello studio del clinico. Ad esempio, per le persone affette da disturbo alimentare, sarebbe più utile effettuare la terapia in presenza: perché in quel caso l'ostacolo è legato al rapporto con il proprio corpo, quindi è importante essere presenti "fisicamente".
Negli altri casi?
La psicoterapia online è sicuramente la soluzione ideale per chi non può intraprendere un percorso continuativo in presenza, per questioni logistiche e organizzative. Credo che la terapia online abbia sia vantaggi che svantaggi. Nei soggetti per cui può essere una buona soluzione, penso che l’alleanza terapeutica sia raggiungibile anche attraverso lo schermo.
Giorgia Lettere ha frequentato il corso di laurea triennale in Psicologia dello sviluppo e dell’educazione e quello magistrale in Psicologia clinica dello sviluppo presso l’Università di Padova. Ha ottenuto l’abilitazione come "Conduttore di Connect Parent Training" (SFU) con la Simon Fraser University e l’abilitazione come "Conduttore in Video feedback to promote positive parenting and sensitive discipline" (VIPP-DS) con l’Università di Pavia. Attualmente, frequenta la Scuola di specializzazione Sistemico relazionale a Bari.