Lo Zampino
Lo Zampino

Archeodisability: l’archeologia senza barriere con Nazarena Savino

WhatsApp Image 2025-06-29 at 20.55.58
WhatsApp Image 2025-06-29 at 20.49.14
WhatsApp Image 2025-06-29 at 20.50.53 (1)
WhatsApp Image 2025-06-29 at 20.49.14 (1)
Foto 1

Ci piace la cultura, ma soprattutto ci piace che la cultura sia accessibile a tutti e tutte, indipendentemente da età, sesso, educazione e abilità. Le uniche abilità richieste, infatti, dovrebbero essere quelle della curiosità, dell’interesse, della passione e della volontà. Ce l’ha mostrato la dottoressa Nazarena Savino, che porta avanti il progetto Archeodisability, in cui “archeologia” e “disabilità” si fondono e si scoprono complici, senza limiti.

Come ti presenteresti in poche parole?

Sono Nazarena Savino, storica dell’arte, archeologa e divulgatrice scientifica. Da molti anni mi dedico con passione al raggiungimento di un obiettivo chiaro: rendere la cultura davvero accessibile a tutte e tutti.

Cosa ti spinge?

Credo che l’arte, la storia e l’archeologia non siano riservate a pochi, ma debbano parlare a ognuno di noi e che ciascuno possa sentirsi coinvolto e partecipe della nostra storia comune. Con quello che faccio, spero di contribuire a un mondo in cui la cultura e la conoscenza siano parte integrante della vita di tutti.

Perché hai scelto proprio l’archeologia?

L'archeologia è essenziale: ci aiuta a scoprire la nostra storia, a capire le nostre origini e a fare luce sul nostro presente.

Come nasce la tua passione?

La passione è iniziata quando ero bambina, già affascinata dalle tracce del passato. Ogni pietra e ogni oggetto dimenticato sembravano avere una storia da raccontare. Crescendo, quella curiosità si è trasformata in studio, ricerca e consapevolezza. L'archeologia rappresenta per me un modo speciale per indagare le storie delle comunità che sono vissute prima di noi. Attraverso lo studio dei resti e degli oggetti ritrovati, riesco a comprendere meglio come vivevano e cosa pensavano le antiche civiltà. Ogni scoperta apre nuove porte alla conoscenza e alimenta il mio desiderio di esplorare ulteriormente il passato.

Cos'è Archeodisability?

Archeodisability è un progetto di divulgazione e inclusione culturale che nasce da una semplice, ma potente convinzione: l’archeologia deve essere per chiunque. Con Archeodisability, insieme a mia sorella Swami, anche lei studentessa di Beni Culturali dell’Università del Salento, portiamo avanti iniziative e diffondiamo contenuti e riflessioni per abbattere le barriere fisiche, sensoriali, cognitive e culturali che ancora oggi limitano l’accesso ai beni archeologici e museali.

Qual è il vostro obiettivo?

Crediamo fermamente che la cultura e le soluzioni innovative non debbano essere riservate a pochi, ma debbano essere condivise e rese disponibili. Attraverso il progetto, intendiamo informare e formare le persone sulle potenzialità degli strumenti di domotica, affinché possano utilizzarli per migliorare la propria vita e quella degli altri. Ogni giorno affrontiamo temi diversi, cercando di coinvolgere il pubblico in modo inclusivo. In aggiunta, portiamo avanti progetti di divulgazione nelle scuole, per educare le generazioni future. Vogliamo che comprendano che la diversità e la disabilità non sono limiti, ma opportunità di crescita e sviluppo personale.

Come si può riassumere la missione di Archeodisability?

È un invito concreto a ripensare i luoghi della cultura in chiave accessibile, accogliente e partecipativa. Perché nessuno dovrebbe sentirsi escluso davanti alla cultura!

Il 21 giugno di quest’anno, hai ricevuto il Premio Alto Riconoscimento “Virtù e conoscenza”. Cosa ricordi di quella sera?

La mia premiazione è stata l’ultima della serata, e le parole della presentatrice hanno suggellato un momento per me indimenticabile: “Non potevamo concludere in modo migliore.” Durante il mio discorso, ho voluto dedicare il riconoscimento all’Università del Salento, che ha creduto in me, accompagnandomi con competenza e umanità, e al professore Fabio Pollice, mio amico e rettore, uomo di visione, di ascolto, e di cuore. Ho voluto ricordare chi, con amore discreto e instancabile, ha camminato accanto a me: mia madre e mia sorella, che sono state i miei occhi, le mie mani, il mio cuore. Ho ringraziato la mia insegnante più severa e più vera: la disabilità, che mi ha insegnato la resilienza e il valore profondo dei sogni.

C’era qualcun altro lì con te?

Ho fatto volare un palloncino, col pensiero rivolto a chi non c’è più, ma continua a vivere nei miei passi: mio zio Nino, che ogni mattina mi ascoltava con amore e con la dolcezza negli occhi, anche se non poteva vedere. Lui vedeva l’essenziale: i sogni, la passione, l’amore. Il premio è per i miei nonni. Per chi mi ha sostenuta col cuore, anche nel silenzio. Per chi ha creduto in me, anche quando io stessa non ci riuscivo. Per chi ha camminato al mio fianco e per chi mi ha insegnato che nessuna barriera è troppo alta, se a sorreggerci c’è l’amore.

L’archeologia può essere un punto di partenza?

Rendere l’archeologia accessibile significa rispettare un diritto fondamentale: come è scritto nell’articolo 27 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani: “Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici”. La cultura deve essere di chiunque, per chiunque.


Nazarena Savino è dottoressa in Beni Culturali, storica dell’arte, archeologa e divulgatrice scientifica. Il 21 giugno 2025 ha ricevuto il Premio Alto Riconoscimento “Virtù e conoscenza”, con la motivazione: “Donna di Alta Moralità, plurilaureata, esempio straordinario di determinazione e resilienza, per la sua appassionata attività nel campo dell’architettura, dell’incisività e dell’accessibilità, per il suo infaticabile impegno nella promozione della dignità, libertà e autonomia di ogni individuo, per la sua mirabile opera educativa volta a far vedere le persone con disabilità come parte integrante della società, capaci di contribuire ed arricchire il mondo”.