Lo Zampino
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S'acabbu: la fine

Accabadora

Accabadora” non è solo un bel libro, ma un romanzo che scava dentro, costringendo a riflettere sul senso della vita, della sofferenza e della libertà di scegliere. L’ho letto senza sapere cosa significasse davvero quel titolo, e solo alla fine ho capito che dietro c’era molto più di una semplice storia: c’era una domanda morale e umana, senza risposte facili.

Ho ritrovato in Maria, zia Bonaria e Nicola forme diverse di dolore: quello di chi si sente un peso, quello di chi ha perso l’amore o la speranza e quello di chi non trova più un motivo per continuare a vivere. Ma soprattutto, nel libro ho trovato la compassione, nel percepire la sofferenza altrui e farsene carico, e il coraggio, nell’accogliere la fine come parte della vita stessa.

Mi ha toccata nel profondo, forse perché quella sofferenza non mi era estranea. Perché l’ho vissuta nel dolore di mia madre e so quanto sia difficile assistere, impotenti, davanti al dolore di chi si ama. Lei diceva sempre che non avrebbe mai voluto sopravvivere attaccata a una macchina, e in quelle parole ho ritrovato lo stesso spirito di zia Bonaria: un amore che si misura nel rispetto, anche quando questo significa “lasciar andare”.


Perché leggere Accabadora

  • Perché ti impone di riflettere sul senso della vita.
  • Perché ti mette faccia a faccia con il dolore e la sofferenza umani.
  • Perché ti fa capire che la dignità é estremamente soggettiva.