Lo Zampino
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Scrivere e altre azioni rivoluzionarie: Quaderno proibito di Alba De Céspedes

quaderno proibito

“Vorrei scrivere così”, è quello che pensavo mentre leggevo il romanzo di Alba de Céspedes. Lo pensavo di continuo, scorrendo le pagine. Vorrei essere così sagace, così rapida nel commento, così astuta nelle risposte. Vorrei mettere per iscritto tutti i miei dubbi e le mie perplessità e farne un libro. Vorrei che uscisse così bene come quello che sto leggendo adesso.

Quaderno proibito è stato pubblicato per la prima volta in Italia in ventisei puntate, da dicembre 1950 a giugno 1951, accompagnando lettori, e più probabilmente lettrici, per circa sei mesi.

Ambientato negli stessi anni, il romanzo racconta la storia intima di una donna. La sua vita, all’apparenza perfetta, si compone di pochi elementi: un marito che non la guarda e non la desidera, un lavoro monotono che però la rende indipendente e due figli che lei non comprende, chi impegnato nella ricerca della stabilità, chi nello sfuggirne a tutti i costi.

Sarebbe continuato tutto così se, un giorno, la protagonista non avesse compiuto l’azione più rivoluzionaria fatta fino a quel momento: esce di casa, senza uno scopo, e compra un quaderno. Sarà lui, da quel momento, la sua arma: il suo confessore e chi più la incoraggerà a peccare.

“Peccare”, poi, ne siamo certe? Dare forse spazio ai dubbi su un matrimonio fallito, su una relazione che non si fonda più sull’amore, su un affetto che c’era e ha lasciato spazio all’incomprensione? Offrirsi la possibilità di trovare questo amore in un’altra persona, sposata anche questa, forse anch’essa infelice, e lasciarsi accarezzare dal pensiero che le cose potrebbero andare diversamente? Parlare con sua figlia, più libera di lei, e provare affetto e quasi rancore? Vedere suo figlio, intrappolato in un’idea, e volerlo combattere? Trovare spazio per sé, nascondere i propri pensieri dentro la borsa e chiudere i dubbi all’interno dei cassetti, insieme alla biancheria pulita?

Solo nel gesto della scrittura sta la sua trasgressione. E, più che nella scrittura, nel pensiero stesso.

E allora, lo ripeto. Anch’io vorrei scrivere così.


Perché leggerlo:

  • Perché se molte persone lo considerano un capolavoro, un motivo ci sarà.
  • Perché gli anni Cinquanta non sono poi così lontani.
  • Perché trasgredire, anche fosse solo con il pensiero, non implica dover cercare occasioni. A volte serve scavare a fondo. Più spesso, è sufficiente spolverare in superficie.