Lo Zampino
Lo Zampino

Souvenir

Calamita

"Francè, p favor, n purtà at murc!"

Parafrasando mia madre: "Francesca, per favore, non portare altri oggetti inutili!"

Era il maggio 2017 e, durante la canonica telefonata serale, avevo appena detto a mia madre che avrei trascorso il ponte del 2 giugno con il mio fidanzato dell'epoca nella bellissima Venezia.

Al tempo andavano di moda le smart box e ne avevamo una ricevuta in regalo per la sua laurea da utilizzare: Venezia. La ricordavo poco, erano trascorsi già 11 anni da quando ci ero stata con i miei genitori, per un giorno di svago ricavato tra le visite mediche che ci portavano a Padova.

Gli oggetti inutili mia madre non li voleva. E per “oggetti inutili” intendeva i souvenirs canonici: posacenere, centro tavola, oggettini da soprammobile e via dicendo. Ma a Venezia non poteva rinunciare, io lo sapevo, perché ricordava ancora col sorriso quel viaggio di nozze dell'85, fatto proprio tra Padova (la devozione a Sant 'Antonio prima di tutto) e Venezia. Magari se avessero saputo, lei e papà, che avrebbero dovuto trascorrere tanti momenti difficili a Padova, avrebbero cambiato meta…

Comunque, mentre ero in viaggio per Venezia, pensavo a qualcosa di piccolo che avrei potuto portare a mia madre come souvenir. Poi, l’illuminazione. Certo! Perché non ci avevo pensato prima? L’oggetto perfetto, che occupa poco spazio, che puoi attaccare al frigo e che trovi ovunque: la calamita!

Dissi ad A. che avrei iniziato una nuova tradizione, con l'obiettivo di riempire il grande freezer dallo sportello metallico e dal colore amorfo che avevamo a casa: da ogni viaggio una calamita diversa. In ogni posto avrei cercato quella che mi piacesse di più, per portare un po' di mondo con me e mostrarlo a mia madre che, purtroppo, non era riuscita a viaggiare molto nella vita.

Due euro e cinquanta: la calamita da Venezia era in ceramica, con skyline della città in secondo piano, una gondola e il mare in primo. I colori predominanti erano il giallo e l'azzurro, un poco di rosso mattone e bianco.

Ero così soddisfatta del mio acquisto, che non vedevo l'ora di mostrarla a mia madre. Sarei dovuta tornare a casa, in Molise, per il compleanno di papà, l'11 giugno, ma per un esame, e per festeggiare la Luminara pisana, decisi di rimandare il viaggio a fine mese, quando avrei concluso il mio primo scavo.

Il 13 giugno, due giorni dopo il compleanno di mio padre, arrivò quella telefonata che non si aspetta mai, quella che blocca cuore e respiro, quella che fornisce informazioni indigeste al cervello. La mia mamma aveva avuto un arresto cardiaco. Era in terapia intensiva.

Ricordo tutto di quel giorno: l’aria soffocante, la valigia, il treno, le lacrime, la speranza che si affievoliva come la fiammella di una candela che ha terminato lo stoppino. La consapevolezza, forte e cruda, come uno schiaffo in pieno volto, che non sarebbe più tornata a casa. Un magone nel petto, mai completamente scomparso, che talvolta fa capolino e fa sanguinare la mia anima piena di piccole cicatrici.

Ad agosto di quell’anno, trovai nel remoto taschino di uno zaino dimenticato, un pacchettino bianco, intonso, con lo scotch ancora integro. Era la calamita di Venezia. Pensavo di averla persa.

Non avevo avuto modo di darla a mia madre. Lei non l’aveva potuta vedere. Non avrebbe mai saputo dei colori predominanti e della gondola in primo piano. Non mi avrebbe più potuto raccontare del viaggio di nozze dell'85. Che senso aveva, ora, la mia idea? A cosa sarebbe servito continuare a collezionare calamite dai viaggi?

Non sono sicura di aver trovato la risposta, ma serviva. E serve ancora a me, dopo quasi 8 anni. "Devo comprare una calamita da portare a San Giuliano", ripeto sempre.

E ho continuato. Continuo ancora. E la vedo sorridere.

E anche lamentarsi della polvere da togliere ogni tanto, perché le calamite adesso sono più di 40.

Sicuramente aumenteranno. Abbiamo un frigorifero nuovo tutto in metallo, perfetto per la nostra collezione.