L'ultimo weekend di maggio, ogni anno da 41 anni, sulle spiagge di Tirrenia (PI) si tiene lo stage Tetsuji Murakami, organizzato dall'Egami Karate-Do di Pisa, ex-Seidokan, guidato dal Maestro Sensei Enzo Cellini.
Decine di karateki provenienti dall'Italia e non solo, si riuniscono in spiaggia per approfondire insieme la pratica del karate del Maestro Shigeru Egami.
Da quattro anni torno a Pisa anch'io. Dico “torno” perché da tre anni e mezzo vivo a Lecce. La mia riflessione parte da qui: dalla fermata dell'autobus di Via Bargagna, mentre attendo il bus 14 per raggiungere il Lungarno Gambacorti.
Per me Pisa è casa: qui ho trascorso 8 anni della mia vita, dal settembre 2013 al novembre 2021.
Qui ho studiato, gioito, pianto, amato, ho avuto delusioni, mi sono laureata, ho provato a restare e poi ho fatto le valigie e, con più interrogativi che certezze, sono partita. In cerca di nuovi orizzonti, direbbero i poeti. Sperando di stare meno peggio, i più realisti.
Il titolo di questo pezzo è “Una vita da pianta” perché mi sono resa conto di essere una pianta anch'io.
Sono partita a 19 anni che ero piccola, fragile, con radici sottili, da "un paese piccolo lì sugli appennini", per citare Ligabue, e mi sono trasferita in una città medio-grande, dove tutto, all'inizio, mi sembrava smisuratamente fuori portata.
Spesso ho provato a spiegare la vita da fuori sede a parole, ma per me è sempre stata troppo intensa, troppo piena per poter essere descritta. Poteva essere solo vissuta.
Quella piantina diciannovenne voleva crescere, espandersi, acquisire nuova linfa vitale e così si è trapiantata in un vaso più grande, con tanto terreno fertile. Le radici, per fortuna, già abbastanza stabili, hanno attecchito bene. La piantina si è abituata al suo nuovo humus, ha accolto temporali, si è goduta il sole, si è nutrita e ha fatto tesoro di quello che il vaso e i nutrienti della terra avevano da offrirle. Poi, quando si è sentita abbastanza forte da poter subire un altro travaso, è andata!
Un vaso più grande, per accogliere quelle radici ora più robuste. E di nuovo a fare la fotosintesi clorofilliana in un altro luogo, sotto lo stesso sole, ma circondata da terra rossa stavolta, ricca di ferro.
Oggi, la piantina, ormai matura, ha una memoria biologica importante, che le ricorda sempre da dove è partita: dal vasetto biodegradabile della dorsale appenninica, dove l'aria è pura e fresca, nella terra bagnata dal fiume che scorreva vicino al suo vaso.
La pianta, ora forte e determinata, non sa dove sarà fra altri quattro o dieci anni, ma è certa che non dimenticherà i vasi che l'hanno accolta, né i terreni di cui si è nutrita per diventare rigogliosa com’è adesso.
Una volta una ragazza, pianta come me, mi disse che gli uomini hanno gambe e non radici, proprio per poter camminare. Io penso che le radici vadano intese come memoria personale, come nella canzone dei Sud Sound System:
Se nu te scierri mai de le radici ca tieni
Rispetti puru quiddre de li paisi luntani
Se nu te scierri mai de du ede ca ssa ieni
Dai chiù valore a la cultura ca tieni
Mi guardo indietro e penso che questo terzo di vita da pianta sia stato estremamente bello e che forse, nonostante tutto, non lo cambierei con nessun altro trascorso.